martedì 13 gennaio 2015

La guerra del petrolio OPEC - shale USA

La situazione è nota: lo shale oil americano, il petrolio estratto dalle terre argillose e quello delle sabbie bituminose (in Canada) hanno invaso il mercato mondiale nel 2013-2014. Di conseguenza il prezzo del petrolio ha iniziato a scendere. Dopo una prima discesa qualcuno si aspettava che l'OPEC (Organization of Petroleum Exporting Countries) limasse o tagliasse la produzione in modo da sostenere la caduta dei prezzi. L'OPEC, dominato dall'Arabia Saudita, decide - a sorpresa o prevedibilmente? - di mantenere la produzione ai livelli raggiunti e anzi di lasciar intendere che non ha alcuna intenzione di sostenere i prezzi.
Perché?
Perché il costo di estrazione dello shale oil è assai più elevato del prezzo di estrazione attraverso i pozzi. Pertanto se il petrolio costa poco, i produttori di shale oil non riescono a generare utili dalla loro attività e anzi - se il prezzo è davvero basso - vanno tutti in rosso, in bancarotta, in chiusura, lasciando campo libero e monopolio agli estrattori tradizionali.

(di mezzo ci sta anche un conflitto latente sunniti-sciiti, con i primi ricchi e spendaccioni, i secondi sovrappopolati e in difficoltà politica interna, propensi a sostenere il prezzo del petrolio)

Riassumendo: i produttori arabi cercano di affogare i produttori americani lasciando scendere il prezzo del greggio sotto il break even dello shale oil... questa è la guerra del petrolio attualmente in atto. Gli analisti danno per scontata la vittoria dell'OPEC per numerose ottime ragioni.
1. perché i paesi arabi - dominatori nell'OPEC - possiedono enormi riserve valutarie e sono in grado di resistere per molto tempo alla guerra dei prezzi petroliferi
2. viceversa i produttori di shale oil americani sono indebitati - quasi tutti - fino al collo, e non possono rimanere in piedi se il petrolio rimane più di due mesi sotto i 48$/45$
3. perché i paesi produttori extra OPEC (Russia in primis) non possono permettersi di tagliare la produzione, altrimenti andrebbero in bancarotta.

Tuttavia quello che veramente mi interessa sono le sfumature...
I proventi del petrolio formano più del 90% della ricchezza prodotta ed esportata dai paesi della penisola araba. Con le entrate del petrolio i governi arabi mantengono il loro consenso politico: a. forniscono servizi gratuiti alla comunità; b. (soprattutto) creano milioni di posizioni lavorative nella pubblica amministrazione o nelle società controllate dallo Stato (posti di lavoro la cui produttività è bassissima...); c. le posizioni di cui al punto (b.) consentono a milioni di arabi di formare una classe media che acquista beni di consumo perlopiù prodotti in occidente e acquistati da società commerciali locali per le quali lavorano gli arabi che non hanno un lavoro nelle società di cui sempre al punto (b.).

Altrimenti detto: i governi della penisola araba (e di gran parte dell'OPEC) si comprano il consenso, essenziale alla loro sopravvivenza, con il petrolio. Poiché, come dimostra la Libia, l'estrazione petrolifera regolare dipende dalla stabilità dei governi nei paesi estrattori, nel caso dell'OPEC per valutare accuratamente il costo dell'estrazione petrolifera dovremmo sommare ai costi tecnici dei pozzi anche i costi necessari a mantenere il consenso. Ovviamente gli analisti hanno fatto anche questo con risultati sorprendenti: il costo medio del barile arabo, al lordo del costo politico, oscilla fra 70$ e 100$. In altre parole fintanto che il petrolio rimane sotto i 70$ al barile i governi arabi coprono le spese correnti con i soldi messi da parte per le emergenze: sono, di fatto, in emergenza. Fortunatamente per lei pare che l'Arabia Saudita abbia risparmi per 900 miliardi di dollari.

Vediamo ora il fronte americano...
Nel USA l'estrazione petrolifera innovativa è una'attività economica come altre, tecnologicamente avanzata, normalmente indebitata (forse un po' sopra la norma - ma niente di paragonabile con le recenti bolle speculative) con il sistema bancario; decollata anche grazie a investimenti pubblici. L'economia americana non si basa sull'esportazione petrolifera (che anzi è ricominciata solo nel 2014 dopo più di trent'anni); l'esportazione petrolifera è talmente marginale - per numeri e rilevanza - rispetto al PIL americano, che il governo USA potrebbe addirittura decidere di sovvenzionarla allo scopo di danneggiare un eventuale nemico...
La guerra shale-OPEC in corso, qualora facesse fallire le aziende americane, non danneggerebbe se non marginalmente l'economia americana.
In altre parole il conflitto shale USA-OPEC in corso si prefigura in questi termini:
Il petrolio OPEC è sicuro di vincere e ha le maggiori chances, ma per poter vincere i paesi che lo controllano si giocano tutto. Per i paesi OPEC vincere la guerra in corso non è solo conveniente, è questione di vita o di morte.
Lo shale oil americanano è quasi certamente sconfitto, ma il paese che lo controlla - gli USA - non perde quasi nulla in caso di sconfitta.
In termini di gestione del rischio: a parità di premio (il controllo del mercato petrolifero), uno dei due contendenti si gioca molto più dell'altro...

Più concretamente la guerra sul prezzo del petrolio potrebbe significare la fine dei regimi arabi. Io credo che non l'abbiano ancora capito e questo braccio di ferro fra OPEC e shale oil lo dimostra. Non si rendono conto del fatto che un confronto economico le cui ripercussioni politiche esistano solo per uno dei due contendenti è perso in partenza, perché è la politica che "consente" la gestione dell'attività economica... un errore fatale. La storia dimostra che sarebbe molto meglio, per i paesi OPEC, ridurre la produzione, sostenere il prezzo e cercare di diversificare la propria economia nel minor tempo possibile: approfittare della crisi dei prezzi per ridurre la spesa pubblica e diventare efficienti.

Un errore analogo fu fatto dall'URSS durante la guerra fredda, con in più il livello militare: i russi non capirono che accettare un confronto militare le cui ripercussioni economiche potessero danneggiare solo uno dei due contendenti significava perdere in partenza.

(Immagino che qualcosa di simile avvenga quando la Corea del Nord manda gli impiegati a coltivare i campi per ottenere la stessa resa che negli USA si ottiene impiegando un centesimo della manodopera... se i due iniziassero a competere, durerebbe finché dura il regime nordcoreano - che presumibilmente cadrebbe per primo)

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