martedì 18 novembre 2014

"Favorire gli investimenti"

Uno dei principali punti all'odg delle istituzioni economiche europee che circondano di attenzioni il governo italiano è il seguente: "favorire gli investimenti"; fa pendant con l'altro mantra "incentivare i consumi"... dopotutto il consumo è un investimento in.... felicità? O tale dovrebbe essere secondo il capitalismo in voga.
Per il governo italiano gli scarsi investimenti sono il problema economico principale dopo la disoccupazione.

Quali sono le cure messe in gioco per "favorire gli investimenti"?
1. favorire il credito bancario
2. rafforzare il potere d'acquisto dei consumatori
3. ideare diversi e arzigogolati incentivi fiscali sulle più varie e fantasiose attività
4 .... (basta, idee finite)

Tutti lamentano che queste idee non funzionano... gli investimenti non ripartono ma languono.
Come esserne sorpresi? Ognuno di noi può facilmente capire, indagando la propria psiche, che cosa faccia realmente partire gli investimenti...
Perché una persona investe e crea un'impresa, un'attività, un bisogno? Per trarne un reddito con cui sopravvivere? No! per diventare ricca...

Chi investe lo fa per diventare ricco. E come fa a sapere, o sperare, di diventare ricco? E' facile: vedendo che altri intorno a lui diventano ricchi investendo! Ecco svelato il segreto delle economie in boom: molte persone che investono per imitarne altre che hanno investito e che sono diventate ricche.

Ora vediamo cosa succede in Italia. Qual è la percezione del successo o dell'insuccesso economico di chi investe in Italia? Nell'opinione dei più, giovani e meno giovani, chi investe:
1. deve affrontare una selva di regole e leggi
2. deve affrontare pesanti costi di avvio attività
3. deve pagare robuste imposte sul reddito
4. spesso chiude presto, sposta all'estero o fallisce finendo con meno soldi di quanti ne aveva in partenza.
5. diventa ricco chi imbroglia le carte rischiando la galera o approfitta di una posizione di vantaggio che prescinde dall'investimento del proprio tempo, energia, denaro.

risultato? Nella percezione della stragrande maggioranza degli italiani, investire in Italia equivale a rischiare di diventare più poveri anziché più ricchi. Questo è un dato di fatto... provate a chiedere a chiunque conosciate, di qualunque ceto e istruzione.

Da notare infine che non tutti quelli che sperano di diventare ricchi in un'economia in boom lo diventano; e alcuni di quelli che investono in un'economia in declino - commiserati come gente che rischia di diventare povera - diventano ricchi. Ma questo, e solo questo, fa parte del quadro economico... il resto è pura psicologia motivazionale.

In definitiva per avviare gli investimenti in Italia occorre alimentare l'invidia nei confronti di coloro che, avendo investito, sono diventati ricchi.
Ma come può un ricco dar mostra di sé, se al minimo accenno di godersi la vita e la ricchezza diviene un nemico pubblico, un semindagato dal fisco, un braccato dalla morale internettiana, un oggetto di pubblica deprecazione, un imbroglione, uno sfruttatore, un raccomandato approfittatore? (ricordate come si diventa ricchi in italia?) E poi, perché uno dovrebbe diventare ricco se questo significa consegnare al fisco quasi tutto il margine di profitto in forza del quale parliamo di ricchezza?
Queste sono le domande che dovrebbe porsi chi desidera favorire gli investimenti in Italia e agire per trovare risposte adeguate.

giovedì 13 novembre 2014

... e se invece fossimo nel giusto?

In Italia è un pianto senza fine, ininterrotto; un lamento ripetitivo sui mali nazionali, il "declino strutturale" (formula ingegneristica e inossidabile di lamento). Si lamenta:

la mancanza di merito,
l'inadeguatezza della scuola,
le baronie universitarie,
il conservatorismo delle famiglie,
l'elitismo delle classi dirigenti,
la rapacità delle classi politiche,
l'astrusità delle leggi,
la chiusura delle professioni,

e poi

il calo dei consumi,
il crollo dell'edilizia,
la deindustrializzazione,
i diritti sindacali acquisiti
gli eccessi dello stato

I lamenti sono asfissianti e noiosissimi, ma pur sempre tollerabili rispetto alla loro diretta conseguenza: il "cambiare le cose"; "come cambiare le cose?"; "come invertire la rotta?"; "non è tardi per cambiare le cose?"; "significa cambiare radicalmente le cose"; "l'unica soluzione per cambiare le cose", cambiare le abitudini, cambiare rotta, invertire il trend, modificare il quadro, capovolgere la situazione, suonare la riscossa e via dicendo all'infinito con la più stressante delle richieste: cambiare tutto perché è tutto sbagliato.
L'aspetto più insopportabile del sintagma "cambiare le cose" è la sua perentorietà, ineluttabilità; l'aspetto più stressante è che cambiare le cose assume di anno in anno, di mese in mese e quasi di settimana in settimana, i contorni di un'impresa sempre più improba, inattuabile.

Ciò detto e riflettuto mi sono anche detto: guardiamo le cose partendo da un'ipotesi diversa. Supponiamo per una volta di trovarci, anziché nel torto al 99%, nel giusto al 99%... supponiamo che tutto ciò che rimproveriamo all'Italia e agli italiani sia la migliore delle eventualità possibili.
Vi sono ragioni per vederla così? Forse sì. Prendiamo ad esempio valori e priorità:
alla mia generazione, io ho 36 anni, è stato insegnato che:

1. la speculazione edilizia è male
2. l'inquinamento è male, malissimo
3. il consumismo è una piaga morale per il singolo, la rovina dell'ambiente per la collettività e l'arma di un grande complotto segreto per arricchire le grandi multinazionali
4. (conseguente al 3.) produrre rifiuti urbani inutili è nocivo per la salute e moralmente deprecabile.
5. consumare energia è male
6. usare l'auto è male, perché inquina, costa, intasa le città,
7. le industrie sono inquinanti, sfruttano i lavoratori per arricchire i padroni
8. lavorare in fabbrica e stare in cantiere è umiliante da fare, da leggere e da scrivere
9. ci sono lavori che nessuno vuole fare e per questo arrivano gli immigrati (che siano dunque i benvenuti). Questi lavori sono perlopiù quelli di cui al punto precedente.
10. risparmiare è un bene, indebitarsi sempre un male
11. la scuola non deve lasciare indietro nessuno
12. la società non deve lasciare indietro nessuno
13. lo Stato rappresenta una garanzia di legalità e l'unica legalità è quella dello Stato

Quanti italiani della mia generazione sono in disaccordo con questi principi? Quanti non ne hanno mai sentito parlare?
In che cosa questi principi - o quali fra essi - non trovano una concreta attualità nei "mali" dell'Italia contemporanea?
Secondo me li abbiamo realizzati tutti; e quelli che non abbiamo ancora realizzato, come la completa deindustrializzazione del paese, viaggiano a passi da gigante. Direi che siamo al vertice, al punto più alto di realizzazione dei valori portanti non di una, ma di almeno due generazioni di italiani.
Da questo strano punto di vista "cambiare le cose" significherebbe abbandonare tutti i valori in cui crediamo per abbracciare i loro contrari. Quali sono questi contrari? Li otteniamo annullando o capovolgendo la lista già tracciata....



Destra, sinistra e codici di condotta

La polarizzazione destra/sinistra nell'occidente contemporaneo è uno strano anello ricorsivo. L'economia non vi gioca quasi più alcu...