venerdì 28 marzo 2014

Deformi mitologie nazionali

Mi disgusta il recente ritornello nazionale su un "nuovo rinascimento italiano". A tale proposito vorrei citare uno storico italiano che lavora a Parigi e che ha scritto, nel 2006, un libro molto interessante sull'Italia:

"L'inizio dei lavori per il taglio di Suez (1859) aveva spinto la Gran Bretagna a considerare sotto una particolare luce le potenzialità geopolitiche della penisola italiana: uno stato italiano unito, in grado di prendere il posto dell'Austria come contrappeso alla Francia nel mediterraneo centrale, non poteva che essere visto di buon occhio a Londra. [...]
[Dopo l'armistizio di Villafranca] la diplomazia britannica fu impensierita da una possibile espansione dell'egemonia francese nella penisola. [...][successivamente] La spedizione di Garibaldi nel sud fu vista [dagli inglesi] come il crollo definitivo della ambizioni francesi [e come l'occasione] di stabilire nella penisola un nuovo equilibrio di potenza più favorevole ai disegni della corona britannica.
E' per questa ragione che l'ambasciatore inglese a Torino "impose" il ritorno di Cavour, l'unico in grado di condurre a buon fine l'annessione dei vecchi Stati dell'Italia centrale; è sempre per questa ragione che la mediterranean fleet protesse le navi della flotta di Garibaldi da ogni eventuale minaccia della marina napoletana. E quando il papa e l'ex re di Napoli, in esilio a Roma, minacciarono di corredare l'anatema pontificio contro il nuovo Stato con un'alleanza politico-militare internazionale, gli inglesi resero pubblica un'infiammata dichiarazione che giustificava l'unificazione italiana in nome del principio di nazionalità.
Questa dichiarazione, così come il fulmineo riconoscimento del nuovo Stato, significava che l'Italia era ormai posta sotto l'alta protezione dell'impero di Sua Graziosa Maestà. [...]
I ceti colti della società britannica ritrovarono in quest'occasione gli accenti letterari e archeologici cui la generazione precedente aveva ampiamente fatto ricorso per glorificare la lotta del popolo greco contro l'oppressore turco. Questa straordinaria permeabilità degli intellettuali inglesi agli interessi geopolitici dell'impero si tradusse in tali e tanti riconoscimenti verso il più "romantico" dei risultati politici del secolo da contribuite ad ostacolare il manifestarsi, in Italia, di una coscienza di quei "nessi storici determinati" di cui parlava Gramsci: invece di interrogarsi sulle cause dei cambiamenti così radicali avvenuti nell'arco di soli due anni, nota Sergio Romano, la classe dirigente italiana si ostinò a vedervi "il segno di un destino manifesto". E l'Europa la incoraggio in questa illusione."
(M. Graziano, Italia senza nazione?, Roma, Donzelli 2007, pp. 36-37)

La prima parte è storia abbastanza nota, ma l'ho riportata perché la seconda parte, che ho riportato in grassetto, risultasse perspicua. Il "rinascimento italiano", con tutti i suoi orpelli storico-museali e gli svenevoli slanci verso la "terza Roma" (dopo Atene e la Roma antica), sono invenzioni inglesi della seconda metà dell'ottocento, molto funzionali - come è caratteristico della totale compenetrazione fra intellighenzia e politica nazionale nei paesi anglosassoni - ai disegni della corona britannica. Non esiste alcuna "rinascita" cui dovremmo ambire, per la semplice ragione che non c'è mai stata nemmeno una prima "nascita".
L'unica cosa che dovremmo fare, una buona volta, è ideare e perseguire una politica estera e una politica di sviluppo degli interessi nazionali volontaria e propositiva anziché sempre e solo determinata da circostanze esterne (crisi economiche, conflitti, accordi internazionali).
Iniziamo a chiederci, per esempio, chi ha interesse a esaltare, soprattutto all'estero, l'idea di un "nuovo rinascimento italiano"; oppure l'idea di molte piccole patrie italiane che chiederebbero l'autonomia...

giovedì 20 marzo 2014

Contraddizioni: unione fiscale o sovranità contro la troika?

Sento un giornalista su radio3 (credo Andrea Cangini), la mattina, rispondere, a poca distanza l'uno dall'altro, a due ascoltatori.
Al primo ascoltatore, antieuropeista, il giornalista risponde che un'uscita dell'Italia dall'Unione sarebbe impensabile e assurda, foriera di disastri; che l'unica soluzione per uscire dal pantano è l'unione fiscale e l'emissione degli eurobond. Al secondo ascoltatore, renziano convinto e assertore di deficit da sfondare il medesimo giornalista risponde che sì, va bene sfondare il deficit, ma attenzione! perché se esageriamo finiamo come la Grecia con la troika europea che viene a mettere il naso nei nostri conti pubblici e addio al residuo di sovranità nazionale che ci resta.
Ora io dico... non è contraddittorio questo atteggiamento? Da un lato suggerire la progressiva unione fiscale, dall'altro paventare la perdita della sovranità per opera della troika... l'unione fiscale non equivale alla rinuncia alla sovranità?
Il punto è che se fosse il solo Cangini (o chi per lui) a pensarla così, sarebbe un problema suo... ma in realtà non è la prima volta che sento la stessa persona paventare la troika e poco dopo sostenere l'unione fiscale.... mi sembra un apice di qualunquismo mediatico. Va bene sostenere una linea moderatamente ragionevole... ma per lo meno la si scelga meno contraddittoria possibile. Ai radicali, ai sostenitori del deficit e agli antieuropeisti diciamo: volete salvi gli stipendi? allora non fate arrivare la troika... volete anche evitare di perdere tutti i vostri risparmi? allora tenetevi l'euro. Chi è disposto a sbarazzarsi subito dello stipendio e/o dei risparmi (o chi non ha nessuno dei due) può legittimamente fare il radicale antieuropeista.

venerdì 14 marzo 2014

Ancora sul fisco: perché gli sgravi anziché i tagli delle aliquote irpef?

Una delle perversioni maggiori del superfisco europeo e italiano in particolare è la pratica dello sgravio: deduzioni e detrazioni.
Un governo "illuminato" decide di restituire soldi ai lavoratori ipertassati? Si inventa un nuovo sgravio fiscale! Aumenta una detrazione, incrementa il limite massimo di deduzione di una certa operazione; mette in deduzione altre spese. Incrementa il "bonus" figli, elettrodomestici, ristrutturazioni, impianti fotovoltaici e via discorrendo.
Ma perché, dico io, non decide semplicemente di tagliare le imposte? Ridurre una di quelle percentuali irpef il cui destino manifesto è sempre e da sempre quello di potere solamente salire?
Il taglio dell'imposta sarebbe più equo dell'aumento degli sgravi, più costituzionalmente onesto: la legge uguale per tutti: per chi ha figli e per chi non ne ha, per chi vuole ristrutturare e per chi ha già ristrutturato, per chi cambia l'auto oggi e per chi lo farà fra due anni. Invece con gli sgravi l'uguaglianza garantitaci dalla costituzione riguarda il sesso, la religione, l'idea politica, la nascita, ecc. ecc.. ma non la scelta di comprarsi un'auto o meno, di fare o meno figli, di ristrutturare o non farlo... chi non rientra in una certa categoria, largamente dipendente dal momento e dal caso, è punito dal fisco rispetto a chi vi rientra... questo è profondamente anticostituzionale. Tutti gli sgravi fiscali ad hoc sono anticostituzionali, nella loro essenza profonda.

E io ce l'ho un'dea sul perché lo sgravio è preferito al taglio delle imposte... perché non toglie potere allo Stato e ai suoi decisori. Con lo sgravio la massa di risorse in gestione ai pubblici decisori rimane invariata, o addirittura aumenta quando  per consentire lo sgravio è necessario "reperire risorse" su altri fronti (come nel caso del recente aumento della tassazione sulle rendite per aumentare le detrazioni Irpef ai lavoratori dipendenti).
Fino a che la massa di risorse destinate allo stato non inizierà a diminuire, non arriverà alcuna ripresa economica in questo paese...

Ma quale sciopero fiscale?

Volete versare meno imposte e tasse allo stato? Un modo c'è...
Recentemente il governo Monti e poi il governo Letta hanno disintegrato il neonato settore delle sigarette elettroniche imponendo su di esse una supertassazione, la quale oltre a scoraggiarne l'uso, ha fatto fallire migliaia di esercizi commerciali dediti al commercio dei nuovi aggeggi.
E' stato osservato da eminenti oncologi che le sigarette elettroniche stanno risolvendo la dipendenza da tabacco di milioni di fumatori. Sebbene esistano ancora dubbi sull'effettiva sicurezza per la salute dei liquidi usati dalle sigarette elettroniche, pare certo che queste ultime evitino a chi le usa la maggior parte dei gravi malanni causati dalle sigarette tradizionali. Umberto Veronesi si è lamentato della supertassazione governativa sulle sigarette elettroniche sostenendo che queste ultime potrebbero allungare la vita a milioni di tabagisti.
A me non interessa entrare nella polemica: può darsi che le sigarette elettroniche siano cancerogene... il punto è proprio quel "può darsi". Da secoli ci viene detto che lo stato tassa le sigarette tradizionali per compensare in qualche modo i maggiori costi di assistenza sanitaria alla popolazione dovuti agli effetti del fumo attivo e passivo. Be' questa faccenda delle sigarette elettroniche rivela che trattavasi di una palla colossale. Lo stato ha sempre supertassato le sigarette per la semplice ragione che i fumatori ne sono dipendenti, che il fumo "piace", e quindi le sigarette rappresentano una fonte di enormi e sicure entrate fiscali. Se infatti fosse stata vera l'asserzione tradizionale, perché mai lo stato avrebbe supertassato uno strumento sostitutivo delle sigarette e potenzialmente innocuo per la salute?
Comunque nel 2013 lo Stato italiano ha incassato -550 milioni rispetto al previsto dalle accise sul fumo.
No, no... questa faccenda dimostra una verità incontrovertibile: lo Stato supertassa quello che piace, oppure lo proibisce.
Questo mi porta a una seconda riflessione, relativa a come evitare di pagare le tasse... sento parlare di sciopero fiscale e lo considero una sonora buffonata. A chi vuole mettere in ginocchio lo stato dico piuttosto: négati quello che ti piace!
1. rinuncia a un'auto di grossa cilindrata, anche se puoi permettertela e compra piccole utilitarie: toglierai risorse a stato, regioni e province su iva, bollo e assicurazione
2. rinuncia al gioco d'azzardo, incluse lotterie, gratta e vinci eccetera, toglierai miliardi di introiti allo stato
3. rinuncia ad alcolici, sigarette e altri monopoli di stato, toglierai accise enormi
4. rinuncia proprio all'auto; muoviti in bicicletta se lavori a meno di 15 km da dove vivi. Tagliando la benzina sottrarrai miliardi alle casse statali.
5. diventa energeticamente autonomo usando caldaie a biomassa e impianti fotovoltaici, ti libererai di molte accise statali.
6. acquista libri di carta anziché digitali, pagherai un'iva al 4% anziché al 22%
7. rinuncia a barche, cavalli, aeroplani e ogni altro bene di lusso... sono tutti supertassati.
8. Se hai una casa sfitta, affittala a prezzi stracciati... lo stato ci guadagna di meno
9. rinuncia al televisore... buttalo via. Ucciderai la Rai.
10. Non usare l'autostrada, lo stato incassa un sacco di soldi dalle concessionarie.
11. Usa la bicicletta anziché i mezzi pubblici e impara a farne manutenzione. Demolirai definitivamente le già fragili municipalizzate.

Se tutti facessimo così da domani, metteremmo lo stato in ginocchio nel giro di sei mesi... senza commettere reati o rischiare le multe che invece arriverebbero in caso di un'insulso sciopero fiscale.

Destra, sinistra e codici di condotta

La polarizzazione destra/sinistra nell'occidente contemporaneo è uno strano anello ricorsivo. L'economia non vi gioca quasi più alcu...