giovedì 10 settembre 2015

L'ultimo tabù

Quando preferirei lavare i pavimenti, piuttosto che fare il lavoro che faccio, mi metto a scrivere sul mio diario di filosofo disorganizzato.
Ci sono cose tanto vicine che non riusciamo a vederle. Un po' come gli occhiali. Queste cose io le chiamo tabù. Prendiamo ad esempio la triade capitolina del mondo contemporaneo - o di qualsivoglia era? - Sesso, denaro e potere. Sesso e potere non sono così vicine, non lo sono più ma lo erano. Erano dei tabù. Il sesso era un tabù nelle società bigotte e riformate. Oggi tutti ne parlano liberamente. Tutti hanno una soluzione su come è meglio farlo, quando, con chi, perché sì e perché no e i mille modi e motivi, in un arabesco senza fine. Il lato deletereo del sesso detabutizzato è la depersonificazione dell'uomo, il suo divenire mero oggetto fisico deormonizzato e razionalizzabile. Una cosa da serial killer e necrofili. Io lo chiamo 'sesso acrobatico', perché è più o meno una cosa da circo.
Il potere è tabù in una società dittatoriale. Oggi tutti parlano del potere, di quanto è lercio chi lo detiene, nonché invidiato, nonché, forse, considerato lercio perché in realtà invidiato. Le lussureggianti teorie del complotto di ogni genere e natura sono lo feccia del potere detabutizzato, i loro creatori e soprattutto diffusori mi assomigliano incredibi
lmente a scarafaggi stercorari.

Il denaro no. Il denaro è l'ultimo tabù. Nessuno, badate, proprio nessuno parla del denaro. Nessuno vi dice come dovete spenderlo o meno. Il dileggio o disprezzo per determinati acquisti non fa riferimento al denaro, fa riferimento alla visione del mondo che tali acquisti presuppongono, e pertanto al potere, o all'estetica (pensiamo alle società in cui l'estetica era un tabù... ma è un altro discorso). Ma nessuno vi dice come dovete spendere il vostro denaro. Nessuno vi fa sentire in colpa perché lo spendete in un modo anziché in una altro. Nessuno osa parlarne. E' privato, è intimo, è un tabù. Solo il mendicante per strada osa farci sentire in colpa per non aver depositato la moneta richiesta. Ma si tratta di un rejetto, di uno scarto della società, di un emarginato, appunto, che non rispetta i tabù comuni.

Ma mi direte, la pubblicità onnipresente mi dice continuamente come devo spendere il denaro. Errore clamoroso! La pubblicità se ne infischia del vostro denaro. Non sa quanto denaro ha ciascuno di voi, sa quante persone ci sono che dispongono di una determinata quantità di denaro. E' una cosa diversa. La pubblicità si riferisce al denaro di tutti, non al vostro, e vi esorta a credere che il prodotto pubblicizzato vale il denaro che costa; che cosa rappresenti quel denaro per voi non la interessa minimamente, né dovrebbe interessare voi. E' interesse dei responsabili marketing che voi non vediate il legame fra l'oggetto e il denaro che sta nelle vostre tasche. Dovete vedere solo l'oggetto, l'oggetto assoluto direbbe Hegel, e desiderarlo. Il denaro deve rimanere un trascurabile passaggio. Tale e quale era il sesso nel mondo cattolico: un trascurabile passaggio per procreare.
Il tabù denaro è sempre più forte, sempre più onnipresente. Un'altra prova della sua esistenza e dimensione consiste nella progressiva scomparsa del denaro. Esso viene sostituito dalle carte di credito, che ne annullano totalmente la presenza fisica e lo riducono a un numero su un foglio di carta o su un monitor. Il credito al consumo annulla persino quel numero! Ideale della società odierna è sottrarre all'individuo medio la percezione del denaro, della sua esistenza. Cancellarne il concetto stesso.


Del resto come accadeva con il sesso tabù, più la società tenta di cancellarlo dalla mente degli uomini, più gli uomini ci pensano. Per questo ho incorniciato nel mio studio il verdone con l'effigie di George Washington: a eterno monito di libertà!

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